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martinasanvito

Dolore, Dolori.


Oggi vi racconto una storia.

C'era una volta, pochissimo tempo fa, in un paese vicino vicino, un ragazzino che chiameremo Bamby.

Bamby aveva una gamba ammaccata: si era infortunato mentre faceva una delle sue esplorazioni, appoggiando male il piede era caduto e si era rotto una caviglia. Nonostante le cure mediche attente, la caviglia di Bamby rimase sempre un po' più debole e fragile. Quando faceva alcuni movimenti, o lunghe camminate (e Bamby ne faceva parecchie) la caviglia iniziava a fargli male, tanto da costringerlo a fermarsi, magari anche per qualche giorno.

Questa cosa a Bamby proprio non andava giù: perché proprio a lui? Lui che era sempre in movimento, doveva capitare una caviglia e non voleva proprio guarire? Era un dolore insopportabile. Il più grande dolore che esistesse al mondo. Al povero ragazzo faceva male la caviglia, certo, ma anche un po' il cuore, perché voleva correre, saltare, arrampicarsi esattamente come faceva prima e anche di più.

Quando lo raccontava ai suoi amici nessuno sembrava capire la gravità della cosa e la grandezza del suo dolore. Tutti gli dicevano "Eh, c'è chi sta peggio. Cosa vuoi che sia? Passerà." ma secondo lui non era mica vero. Il suo era il dolore più grande di tutti e decise di dimostrarlo.

Preparò il suo zaino da viaggio, si mise la cavigliera, prese la stampella e partì.

Pensò a un posto dove potevano radunarsi le persone con un dolore, in modo da trovarne di quelle che avevano veramente male. "Ovvio! Dal Medico!" Così entro nel primo studio medico e inizio a chiedere alle persone.

"Buongiorno, sto facendo un'indagine. Mi dica: quanto è grande il suo dolore?" chiese a un signore anziano seduto tutto infagottato.

"Ah giovanotto, io alla mia età ho solo dolori! Sono pieno di dolori, doloretti, fastidi! Ahh se avessi la fortuna che di essere giovane come te!"

"Guardi Signore, non lo so mica, perché guardi che io ho addosso il dolore più grande del mondo! La mia caviglia non vuole guarire e quindi non posso più fare praticamente niente!"

A questo seguì un'infinita predica del signore anziano sul fatto che ai suoi tempi i giovani saltavano i fossi, combattevano le guerre, zappavano la terra sotto il sole, con la febbre a 40°C, su una gamba sola e fischiettando l'inno nazionale al contrario. "Ah i giovani d'oggi! I miei sono dolori insopportabili!".

Bamby decise, quindi, di spostare l'attenzione su un bimbo che stava lì vicino, mogio mogio, silenzioso.

"Ehi bimbo, tu come mai sei dal medico? Che dolore hai?"

Il bambino divenne tutto rosso e alzò la testa, così Bamby si accorte del grosso pennarello rosso che il bimbo aveva infilato su per il naso. Quasi scoppiò a ridere, ma si trattenne quando vide il piccolo scoppiare il lacrime.

"Ero curiossso di ssssapere quanto lungo fosssssse il mio naso!" disse, con il pennarello che fischiava ad ogni "s" pronunciata "E adesso non essssce più. E tutti ridono di me e mi prendono in giro! Fa malissssimo!"

"Vedrai che quando ti tolgono il pennarello il naso non ti farà più così male" provò a rassicurarlo.

"Ma a me mica fa male il nasssso. Sssssento un dolore più allo ssssstomaco e alla gola. Come se me li avessssssero legati insissseme" spiegò il bimbo con le lacrime che gli rigavano il viso.

Bamby non sapeva cosa dire, era una situazione ovviamente divertente ma anche molto molto triste, per quel povero bambino. Sembrava che il suo dolore fosse molto più profondo del pennarello infilato nel naso, un po' come per la sua caviglia, ma non proprio uguale.

Lo salutò e si allontanò un po' pensoso quando sentì una signora, non avrebbe saputo dire quanti anni avesse, che lo chiamava sottovoce.

"Ehi, giovanotto. Che fai tutto attrezzato dal dottore? Devi farti visitare la caviglia prima di un viaggio?" chiese gentilmente.

"Nossignora, questa maledetta ha già deciso che non guarirà più. Ha deciso che vuole rovinarmi la vita, e lasciarmi soffrire nel dolore più grande che possa esistere. Ma nessuno mi crede, quindi io sono partito per questa missione: dimostrare che il mio è il dolore più grande di tutti!" rispose Bamby fiero.

"Capisco, e come procede la tua missione?" chiese curiosa.

"Mah, finora ho parlato con quel vecchio laggiù che mi ha fatto un elenco di acciacchi e una predica stranoiosa e con quel povero bimbo con il pennarello nel naso. Ma non ho concluso granché. Mi sembra ancora che il mio sia il dolore più grande che possa esistere!"

La signora lo guardò per qualche istante e poi gli disse "Vieni con me, forse ho quello che cerchi".

La signora accompagnò Bamby all'ospedale, facendo il giro dei reparti, vedendo tante persone malate, tristi, disperate, sofferenti. Poi lo portò al cimitero, dove vide tante persone altrettanto disperate, tristi e sofferenti. In ogni posto gli aveva indicato anche qualche persona diversa, che non sembrava triste o sofferente, che anzi sorrideva e che magari provava a tirare su di morale gli altri.

"Ma loro non soffrono. Perché sono qua?"

Secondo la signora gentile anche loro avevano un dolore, da qualche parte, ma era nascosto, lo tenevano per sé, almeno in quel momento. Bamby era estremamente confuso. Poi la signora portò Bamby in un museo.



"Vedi Bamby, esistono tantissime tipologie di dolore, tutte diverse e tutte uniche. Non si possono mettere a confronto, è come confrontare un quadro con un'altro. In questo museo, e nei musei di tutto il mondo ci sono tantissimi quadri, tutti diversi. Tutti dipinti con colori diversi. E dimmi Bamby secondo te qual è il colore più bello e importante?"

Bamby ci riflette un po' su. "Non saprei. A me sembrano tutti importanti almeno un po', se no sarebbe tutto di un colore solo e i quadri sarebbero tutti uguali. Poi, se devo dire, a me piace il blu, ma, per esempio, al mio amico Giò piace l'arancione.".

"Proprio così. Il dolore non lo puoi mettere in una classifica, il dolore è una cosa unica, personale. Nessuno è uguale all'altro, ed è prezioso proprio per questo."

"Sì, ma io cosa ci faccio con il mio dolore? Non posso più fare niente!"

"Questo non è vero, Bamby. Oggi hai fatto un sacco di esperienze e visto tante nuove cose. Il dolore è una sfida, è un momento di pausa prima di riprendere la camminata. Come quando torni indietro di qualche passo per prendere la rincorsa e fare un salto ancora più lungo"

Bamby non era troppo convinto di poter saltare tanto lontano con la sua caviglia ammaccata, ma forse un pochino capiva il senso di quello che diceva la signora. Forse. Comunque tornò a casa un po' meno arrabbiato con la sua caviglia e con le persone che non capivano il suo dolore.

E a pensarci bene, forse lo sentiva un po' meno.


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